


Da Adam e Adi Bari la risposta all'emendamento Meloni sui concorsi nelle PA
E’ giunta qualche giorno fa una preoccupante notizia sulla approvazione di un emendamento al disegno di legge “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” a firma Renzi, Madia e Padoan, per la precisione il 13.38 presentato da Paolo Meloni (PD) che nei fatti procede verso la devalorizzazione dei titoli accademici, presso la I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati. L’emendamento in questione sancisce il “superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l'accesso ai concorsi” -per l’accesso ai ruoli nelle pubbliche amministrazioni - e decreta la “possibilità di valutarlo in rapporto a fattori inerenti all'istituzione che lo ha assegnato”. La notizia ha suscitato le giuste proteste degli studenti e dei laureati italiani, tanto che sabato il ministro Madia ha risposto annunciando il ritiro dell’emendamento.
Si tratta purtroppo di un fatto molto preoccupante: fino ad oggi abbiamo avuto tutti la sicurezza, indipendentemente dal nostro luogo di nascita e dall’Università frequentata, spesso scelta dettata dalle condizioni familiari ed economiche di ognuno di noi, di ricevere una equa valutazione dei nostri titoli nei concorsi per l’ingresso nei ruoli della pubblica amministrazione. Con un intervento di questo tipo potrebbe non essere più così, e soprattutto i laureati delle Università del Meridione potrebbero conoscere delle difficoltà superiori rispetto ai loro coetanei iscritti in alcune Università del Nord Italia.
“Già il disegno di legge La Buona Scuola contiene dei pesanti provvedimenti che vanno verso la devalorizzazione del percorso post-lauream dell’abilitazione all’insegnamento, comunque sia esso stato conseguito, quindi non considerando neanche le pesanti selezioni che gli abilitati e abilitandi hanno affrontato per essere ammessi. La direzione dell’emendamento Meloni preoccupa anche l’Adam, - dice la presidente Alessandra Operamolla, per i docenti abilitati con Tirocinio Formativo Attivo- poichè la Scuola è anch’essa una pubblica amministrazione, e non vorremmo che i laureati delle Università pugliesi sperimentassero una formale e giuridica penalizzazione nel riconoscimento dei propri titoli nei futuri concorsi. Il ddl La Buona Scuola illustra in modo eloquente quello che il Governo pensa dei titoli accademici e dell’alta formazione accademica in generale, non tutelando gli abilitati ed il diritto di questi ultimi al lavoro. Non solo si opera una discriminazione tra titoli formativi conseguiti temporalmente in anni diversi (ad esempio TFA vs SSIS), ma ora si vorrebbero anche discriminare titoli di laurea conseguiti in aree geografiche diverse, ledendo così i diritti fondamentali allo studio e all’uguaglianza contenuti nella nostra Costituzione.”
Sebbene il deputato Meloni abbia provato a chiarire la posizione e l’interpretazione dell’emendamento presentato (qui), e il ministro Madia abbia affermato la volontà di ritirarlo a seguito delle polemiche, emerge chiaramente una classe politica lontana dalla comprensione dei problemi dell’università pubblica e dalla possibilità di proporre soluzioni reali.
“Il fatto anche solo di pensare a delle “soluzioni” del genere per modernizzare il sistema della pubblica amministrazione - dice Pasquale Ricci coordinatore dell’ADI Bari, Associazione dottorandi e dottorandi di Ricerca di Bari - è indice di una classe politica che non conosce i problemi del paese e sta portando avanti ricette che alimentano la disuguaglianza tra Università del Nord e del Sud. Se passiamo in rassegna i criteri introdotti dalla legge 240/2010 (Riforma Gelmini) ad oggi, nella valutazione della qualità della ricerca, nel diritto allo studio e nella ripartizione del FFO (fondo di finanziamento ordinario), emerge chiaramente il fatto che continuiamo a vivere una “questione meridionale” del sistema accademico. E questa condizione colpisce indistintamente studenti, dottorandi e ricercatori precari, ma anche la possibilità di sviluppo del territorio.
Ad esempio tra i criteri ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) di valutazione ex post dei corsi di dottorato, troviamo parametri che premiano le ricadute di questo sul sistema socio-economico locale. Ai premi si contrappongono punizioni, che si abbattono sulle università localizzate in contesti svantaggiati e con alti tassi di disoccupazione, come al sud. Quindi questi criteri non attengono al merito del percorso di studi dei soggetti in formazione, in quanto sono condizionati da fattori esterni, che distorcono la valutazione. E’ come se si desse più importanza ai contenitori che al contenuto. Ebbene, la logica dell’emendamento proposto è in piena linea con una politica miope che sta svalorizzando le reali competenze acquisite da tanti studenti.
Sappiamo che la Puglia è un laboratorio di eccellenza per quanto riguarda la formazione. L’hanno dimostrato le politiche regionali degli ultimi anni premiando coloro che hanno scelto di intraprendere un dottorato o un master, valorizzando titoli di alta formazione sia dentro che fuori l’università. Adesso suonerebbe come un paradosso il fatto che i laureati pugliesi siano penalizzati nell’accesso alle pubbliche amministrazioni solo perchè hanno studiato nella “parte sbagliata d’Italia”. Se si vuole mettere in campo una vera riforma del sistema universitario, così come proclamato dal governo con la Buona Università, bisogna necessariamente rivedere i criteri di valutazione della ricerca, valorizzare i percorsi di formazione iniziando a dare un peso maggiore al dottorato di ricerca a livello nazionale senza discriminazioni geografiche e richiedere un nuovo rifinanziamento del sistema pubblico dell’università e della ricerca.”
Aderisci alla raccolta firme contro l'emendamento promossa da Link- Coordinamento Universitario :
